L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (2007) | Recuperi colpevoli

WB2014_JJD-2378_723b8e6bEsiste un film, uscito nell’ormai lontano 2007, che è scomparso ingiustamente dai radar delle conversazioni cinefile, anche di quelle più agguerrite, quelle nelle quali gli sfidanti hanno più cartucce da sparare. Sto parlando di L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, grazie al quale Brad Pitt vinse a Venezia la Coppa Volpi come miglior attore, ricordando al mondo di essere un grande interprete (in determinati ruoli).

Scritto e diretto da Andrew Dominik, L’assassinio di Jesse James è un western dai toni crepuscolari, ben evidenziati dalla fotografia di Roger Deakins, che racconta le relazioni e gli ultimi mesi di vita del leggendario fuorilegge. Coadiuvato da una sceneggiatura brillante e da una regia intransigente nei confronti dei personaggi in scena e dei loro stati d’animo, Pitt ci regala un Jesse James scisso tra il suo essere un’affascinante canaglia, narcisista e manipolatrice, e l’uomo tormentato dal presagio della fine, stretto tra le istituzioni e la paranoia. Ad affiancarlo, un Casey Affleck perfetto nel ruolo dell’adulatore Robert Ford, in costante equilibrio tra la totale assenza di personalità ed il bisogno di prevaricare il proprio modello; uno dei punti forti dell’opera è proprio la tensione palpabile in questo rapporto malato, in bilico tra la totale devozione ed il bisogno di “uccidere il padre”.

MV5BMzUxMjBjNWEtM2Q5Yy00MGI5LTg5OWMtNmM1MjZiY2RhZmYzXkEyXkFqcGdeQXVyMjA2MjkwNzE@._V1_L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford è un grande film che esplora il rapporto tra l’animo umano e la violenza: come quest’ultima lo corroda, ponendo al contempo le basi per una mitizzazione di chi non si limita a farne un’arma propria, bensì la accetti come caratteristica totalizzante ed irrazionale del racconto di sé. Infatti, Dominik ci mostra con raffinata sensibilità e lento trasporto la linea di confine tra realtà e mito: le figure del romantico fuorilegge e del codardo traditore si congelano nell’opinione pubblica, nelle stampe popolari, negando ai due uomini l’ineluttabile concatenamento di cause ed effetti che porteranno al tragico epilogo. D’altronde, semplificare è il comune denominatore di mitizzare e raccontare. Perciò il regista sfrutta la voce narrante per glissare sugli ampi spazi temporali sconosciuti alla storia, esplicitandone anche il carattere ipotetico. Romanzare significa arrendersi all’impossibilità di catturare integralmente i sentimenti, le motivazioni ed i gesti che compongono il complicato mosaico della verità. Dominik, consapevole di tutto ciò, guarda dall’alto i suoi personaggi, disorientati da una storia di cui hanno perso il controllo.

A ben guardare, L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford è un paradosso, un tentativo di rappresentare l’irrappresentabile: la vita. Eppure, Dominik ci si avvicina molto sfruttando il mezzo cinematografico al massimo delle sue potenzialità romanzesche, quindi antirealiste, come la già citata voce narrante, le ellissi temporali e la storia di due banditi del vecchio west.

 

VOTO: 9/10

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