I miei cinque film del 2019

Con oltre un mese di ritardo, anche quest’anno voglio proporvi la mia personale classifica dei film che più ho apprezzato nella scorsa annata. Essendo stato un anno pieno d’impegni e progetti personali, non ho avuto modo di guardare né tutte le pellicole che mi ero prefisso né un numero adeguato a fare la mia solita Top 10; perciò, questa volta ho deciso di ridurre le mie scelte a cinque. A scanso di equivoci ribadisco che, essendo un normale spettatore italiano, prendo in considerazione tutte le opere uscite nelle sale del nostro paese tra l’1 gennaio 2019 ed il 31 dicembre 2019. Dalla quinta alla prima posizione, troverete il titolo del film corredato da una mia breve opinione ed eventuale link per la recensione integrale.

 

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5. Il traditore

Il traditore è un film potente e preciso, forte dell’interpretazione ispirata di Favino e di tutti gli attori in generale, ma che rischiava di cadere nell’anonima agiografia storica. L’occhio di Bellocchio (scusate il gioco di parole) invece non si adagia sulla semplicità, ma instaura il dubbio nella mente dello spettatore: la stessa distanza che c’è tra racconto e realtà si ripropone tra la verità e la bugia. In quel solco si trovano l’affidabilità di Buscetta e l’innocenza di Andreotti, quindi il film stesso. Un solco che nemmeno il cinema può colmare. Trovate qui alcuni miei pensieri più specifici al riguardo.

 

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4. Storia di un matrimonio

Noah Baumbach non scrive e dirige, come potrebbe sembrare, un film sulla fine di un sentimento, bensì una commedia tragica sulla possibilità che ha tale sentimento di resistere a determinate circostanze. Storia di un matrimonio colpisce allo stomaco per la freddezza con la quale ci vengono mostrati esseri umani incapaci di capirsi e per la sensibilità totale dimostrata nel raccontarci la loro elaborazione di questo “lutto”; da una sceneggiatura che, pur esplodendo in alcune scene magistrali, lavora in sottrazione per favorire una costruzione lenta e stratificata dei personaggi alle grandi interpretazioni del cast (Scarlett Johansson ed Adam Driver sono in stato di grazia), al cui servizio si pone una regia posata ed a tratti teatrale.

 

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3. Suspiria

Suspiria è un film visivamente splendido e dalla regia raffinata, nella quale Guadagnino conferma la sua predilezione per la presenza materica dei corpi attoriali nel quadro complessivo. Da questo punto di vista, la poetica dell’autore viene esaltata dal preponderante motivo della danza che, oltre ad un assoluto valore estetico, porta con sé un sottotesto concettuale che trascina la pellicola verso il gusto alto borghese del suo creatore: il ballo è seducente, erotico, non bello in senso stretto, ma piuttosto macabro perché figlio di un errore, di una colpa. Il peccato della madre viene accostato a quello della nazione, la quale ha consumato i suoi cittadini ed il loro patriottismo, quindi la devozione per essa. Dopo l’amore oltre l’etichetta della fama (A Bigger Splash) e l’amore oltre qualsivoglia distinzione (Chiamami col tuo nome), Guadagnino esplora l’amore oltre il male. Trovate qui la recensione completa.

 

Leonardo DiCaprio star in Columbia Pictures “Once Upon a Time in Hollywood"

2. C’era una volta a… Hollywood

C’era una volta a… Hollywood è un film apparentemente inconcludente, privo di qualsivoglia filo narrativo o logico che evada dal grande talento di Tarantino nel costruire dialoghi e situazioni che portino lo spettatore a voler continuamente fare un ulteriore passo lungo il percorso della pellicola. In realtà, ci troviamo di fronte alla riflessione che l’autore fa sul proprio cinema e sulla messinscena del rapporto tra la violenza e la storia. Trovate qui la recensione completa.

 

1. La favorita

Lanthimos non è mai venuto meno alla sua marcata impronta personale, caratterizzata da uno sguardo pienamente postmoderno sulle proprie radici classiche. L’autore volge lo sguardo al teatro greco antico nel rappresentare personaggi femminili in pieno controllo delle situazioni attraverso le loro due armi caratteristiche, il raggiro ed il veleno, mentre allo stesso tempo gioca ad amalgamare visivamente la raffinatezza degli ambienti con la volgarità dei modi del potere. Il risultato è una breve incursione del regista greco nella commedia, facendo leva specialmente su toni grotteschi, ma nella quale decide di non radicalizzarsi così da lasciare spazio al dramma man mano che le psicologie delle tre protagoniste si sviluppano. Quindi si ha un ribaltamento della commedia stessa, che viene dissezionata e mostrata freddamente allo spettatore come frutto della malignità dell’essere umano. Trovate qui la mia recensione completa.

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